sabato 19 novembre 2011

Tesina- Ungheratti

Giuseppe Ungaretti

Giuseppe Ungaretti nasce ad Alessandira d’Egitto l’8 febbraio del 1888. Il padre, Antonio Ungaretti, si è trasferito da anni in Egitto e lavora come operaio nel  cantiere del canale si Suez; ma già malato, muore in un incidente sul lavoro, lasciando alla moglie, a mantenere la famiglia. Giuseppe, negli anni dell’infanzia, cresce avendo attorno a sé un fratello maggiore, Costantino, di otto anni più grande, e una vecchia croata dalla quale apprende con curiosità le prime fabie. A sedici anni è scritto all’Ecole Suisse Jacot, la migliore scuola di Alessandria per compiervi gli studi superiori; qui ha la fortuna di incontrare insegnanti particolarmente aperti, grazie ai quali impara le prime prime profonde esperienze letterarie, come Baudelaire, Nietzsche, Carducci e D’Annunzio.
Frequentando la scuola ha pure l’occasione di stringere un’amicizia con Moammed Sceb e con Enirco Pea. Sono questi gli anni straordinari della “Baracca rossa”, l’edificio che ospitava l’abitazione e il magazzino di Pea. Qui maturano le prime riflessioni e le prime esperienze politiche del giovane Ungaretti: partecipa a riunioni e collabora con riviste anarchico-socialiste fu anche arrestato, assieme a un gruppo di dimostranti, per aver partecipato ad una manifestazione di protesta. Processato presso il consolato d’Italia e assolto.
In questi anni Ungaretti si guadagna da vivere con impieghi modesti e diventa corrispondente dall’Egitto della rivista La Voce.
A ventiquattro anni, Ungaretti lascia l’Egitto per la Francia, precisamente a Parigi, dove si trattiene per due anni frequentando i corsi della Sorbona: abbandona definitivamente gli studi di giurisprudenza per la facoltà di lettere dove ha modo di conoscere molti esponenti del naturalismo francese. Nel 1913 fu raggiunto a Parigi dal vecchi amico Moammed Sceab, che però morirà suicida dopo pochi mesi per l’incapacità di adattarsi a un ambiente  socialmente e culturalmente diverso.
Nel 1914, Ungaretti rientra in Italia, schierandosi apertamente sul fronte interventista. Arrestato per la seconda volta in seguito alla partecipazione a un comizio anarchico-interventista, dopo il rilascio si trasferisce a Milano, dove conosce Benito Mussolini.
Allo scoppio della guerra nel 1915, raggiunge il fronte del Carso in qualità di soldato semplice. Qui rimane per tutto il 1916,  portando a termine la prima raccolta di liriche, con il titolo “Il porto sepolto”. Dopo la fine della guerra Ungaretti si stabilisce a Parigi in seguito sposa Jeanne Dupoix, che sarà sua ispiratrice e compagna fino alla morte. Intanto nel 1919, è uscita la seconda raccolta poetica, Allegria di naufragi.
Lasciata Parigi all’inizio del 1921, Ungaretti si stabilisce con la moglie a Roma, dove lavora presso l’ufficio stampa del ministero degli Esteri. Sono questi gli anni della progressiva ascesa del fascismo, con il quale Ungaretti ha rapporti piuttosto contrastanti, passando da un’iniziale adesione a un progressivo distacco.
In seguito Ungaretti è impegnato molto in viaggi all’estero per motivi di lavoro; e si converte alla religione cattolica, in seguito a questo ha due figli Anna Maria e Antonietto. Nel 1931 esce il volume  L’allegria, in cui sono conflueite le sue due principali raccolte poetiche.
Nel 1936 Ungaretti si trasferisce nuovamente in Brasile con tutta la famiglia dopo aver ricevuto la cattedra di letteratura italiana nell’Università di San Paolo. Questo periodo è caratterizzato da un intenso lavoro critico ma anche da terribili avvenimenti in famiglia, come la morte del fratello e del figlio. Quando rientra in Italia esprime pubblicamente la sua opposizione alla guerra: viene arrestato e poi scarcerato per diretto intervento di Mussolini.
Nel 1947 porta a compimento Il dolore, raccolte che caratterizzano il suo terzo momento poetico: la morte del figlio.
La sua popolarità è sempre in crescita e viene riconosciuto anche da numerose università straniere. Parte per gli Stati Uniti, li si ammala e poi ritornato in Italia muore a Milano fra il 1° e il 2° giugno.
Le prime due raccolte di Ungaretti portarono nella poesia italiana un’autentica rivoluzione formale.
Poetica
I temi che Ungaretti affronta sono sicuramente influenzati dalla drammatica esperienza della guerra, come il senso della fragilità e della precarietà dell’uomo e il timore della morte da cui scaturisce la forza con cui ci si attacca alla vita proprio quando la si sente sfuggire.
Nelle raccolte successive il poeta affronta gli stessi temi, ma usa forme metriche più tradizionali, come l’endecasillabo, e inoltre ricorre più spesso a simboli e ad analogie.
Il risultato è che i suoi versi diventano sempre più complessi.
E’ per questa ragione che l’opera di Ungaretti rientra a pieno titolo nella poesia cosiddetta ermetica, che caratterizza l’Italia fra le due guerre mondiali.
L’ermetismo affrontare temi come il dolore e il senso dell’esistenza umana in un linguaggio oscuro, ricco di accostamenti imprevedibili, di allusioni a cose che solo il poeta conosce.
Tutti questi procedimenti impediscono al lettore non specialista una comprensione immediata del senso del testo, o meglio gli lasciano una grande libertà d’interpretazione. 
Il porto sepolto si riferisce ad un porto reale che doveva esistere anticamente nei pressi di Alessandria, ma ha soprattutto un significato simbolico: allude a “ciò che segreto rimane in noi, indecifrabile”; il porto sepolto equivale al segreto della poesia, nascosto nel fondo di un “abisso” nel quale deve immergersi il poeta. L’espressione  “allegria di naufragi” allude invece alla guerra. Le due raccolte parlano in gran parte della prima guerra mondiale. In esse Ungaretti utilizza versi brevissimi; abolisce in alcuni casi la punteggiatura: la poesia procede per accostamento di frammenti e immagini, per analogie.
Nella raccolta Sentimento del tempo si racchiudono poesie in cui egli medita sulla condizione dell’uomo e sullo scorrere veloce del tempo, delle cose, delle persone amate, che produce la nostalgia del passato e un più tenace attaccamento alla vita.
La successiva raccolta Il dolore (1947) unisce il tormento personale (la morte del fratello e del figlio di nove anni) alla sofferenza collettiva (la seconda guerra mondiale).

Tesina- Pirandello

Pirandello
La vita
La vita Nacque nel 1867 ad Agrigento da famiglia ricca e di cultura laica. Trascorse infanzia e adolescenza in Sicilia. Dopo aver frequentato l'università di Palermo e di Roma, si laureò nel 1891 in Germania. Tornato a Roma nel 1893, si dedicò alla narrativa. Nel 1894 sposò Antonietta Portulano. Il 1897 segnò per Pirandello l'inizio di una profonda crisi familiare, a causa dei fallimento della miniera del padre che rovinò il patrimonio suo e quello della moglie. La donna, ebbe un trauma che la portò alla pazzia. Pirandello si dovette impiegare nell'insegnamento presso l'Istituto Superiore di Magistero di Roma, dove  insegno’ fino al 1922. Continuava intanto la sua produzione di saggi, romanzi, novelle e nel 1910 esordi come autore teatrale. A partire dal 1916 si dedicò quasi completamente al teatro e nel 1921 ottenne, la fama. Il dramma “Sei personaggi in cerca d'autore”, suscitò grande scalpore e curiosità: a Milano l'accoglienza di pubblico e critica fu trionfale. Nel 1924, dopo il delitto Matteotti, si iscrisse al partito fascista. Raggiunta una celebrità mondiale, fondò nel 1926 la compagnia dei Teatro d'arte di Roma di cui fu direttore e regista, per la messa in scena dei suo repertorio. Si legò affettivamente a Marta Abba, attrice. Nel 1934 gli venne conferito il premio Nobel per la letteratura. Morì a Roma nel 1936.
Pirandello è il più grande autore di teatro del Novecento italiano: grazie alla sua consapevolezza della crisi di identità dell'uomo nella società e per la novità della sua opera che sconvolge le tradizionali tecniche espressive nel teatro. La sua visione tragica della vita deriva dalla percezione che nella società borghese c’è la definitiva frattura tra l'io e la realtà, fra individuo e società: la realtà diventa allora il caos inspiegabile della vita e del mondo, così come l'uomo diventa il caos indecifrabile delle sue centomila e nessuna identità. Pirandello rappresenta così una delle voci critiche più alte che dominano nella letteratura europea del tempo. Ma la sua fama arrivò molto più tardi, quando la crisi dei dopoguerra fece maturare le condizioni perché il suo messaggio potesse essere compreso.
La formazione
 Appartenente ad una famiglia della borghesia siciliana che si era distinta nelle lotte garibaldine, Pirandello sentì fin dalla giovinezza una profonda delusione per il fallimento degli ideali risorgimentali e una avversione per la classe dirigente liberale che ne era responsabile. Un'avversione che si tradusse in un atteggiamento di estrancità alla politica. Egli coltivò in solitudine il suo lavoro intellettuale: per Pirandello è l'uomo che è malato, al di là della configurazione politica della società. Del resto, le sue stesse vicende personali – ad esempio la pazzia della moglie, lo obbligarono ad una rìflessione sulla dimensione tragica della condizione umana. Fin dalla sua prima produzione narrativa emerge la tematica che l'uomo è condannato alla sconfitta per l'impossibilita di comunicare con gli altri e di conoscere se stesso. A spiegare questa condizione  si aggiungono:                                             - il sentimento del contrasto tra illusione e realtà, la quale però si rileva illusoria;                      - il sentimento della casualità della vita, che si svolge in un mondo privo di valori e di certezze. I personaggi di Pirandello, infatti, sono quasi sempre dei piccoli borghesi soffocati dalle convenzioni sociali. Ma avvolte, rivelando una voglia di vivere, essi prendono coscienza e reagiscono mediante gesti all’inizio bizzarri. La motivazione di questo atteggiamento dell'autore sta nella consapevolezza di una crisi storica della società borghese. Lui non cerca  le ragioni politiche o sociali, ma rappresenta la condizione dell'uomo che vive in una realtà che non ha senso.
Lingua e stile
Dalla sua poetica e dal  bisogno di rappresentare la tragicità della realtà nasce una lingua cruda, che è diversa dallo stile, dalla sintassi e dal lessico del tradizionali. Il suo stile si distingue così per la sua violenza espressiva, libero da ogni convenzione letteraria, sia nella narrativa che nel teatro.
Il teatro
Il primo teatro pirandelliano, si muove dentro gli schemi  naturalistici, che riproduce nella finzione teatrale la verità oggettiva del reale. Ma Pirandello fin dall'inizio modifica questi schemi perché i suoi personaggi si muovono tra illusione e realtà. Ma intorno al 1917-18 Pirandello sceglie di rinunciare del tutto agli schemi naturalistici e di far risaltare l'assoluta relatività del reale attraverso la struttura stessa della vicenda, facendo in modo che lo spettatore a non capisse più nulla, chi abbia torto e chi ragione. E’ «teatro nel teatro». Voleva rappresentare la dimensione assurda della vita in tutta la sua devastante problematicità e questo lo spinge a eliminare la struttura tradizionale del teatro.
Il teatro diventa così:                                                                                                                    - il luogo stesso in cui si svolge il dramma vero, non quello «finto»;                                             - il luogo in cui si svela il mistero della creazione artistica, dove l'autore  si concretizza nella forma dell'arte.
I romanzi
Il fu Mattia Pascal
Il fu Mattia Pascal (1904) è un’opera che ha avuto successo nel pubblico, è molto innovativa, a cominciare dalla presenza di due introduzioni, nelle quali, attraverso la voce del narratore e protagonista, Pirandello esprime una poetica antinaturalista e una filosofia pessimistica, senza alcuna ragione. Il fu Mattia Pascal, romanzo dal quale è presente il dramma familiare dell'autore e il suo desiderio di  fuga. Mattia Pascal vive un esistenza quotidiana opprimente, a causa soprattutto dei suo matrimonio mai riuscito, finché un giorno trova la forza di fuggire dal suo «inferno farniliare». Vince una grossa somma, poi legge sul giornale la notìzia della sua morte: un cadavere trovato viene identificato per quello di Mattia Pascal. Il caso gli offre l'occasione per rifarsi una vita. Cambia così il proprio aspetto esteriore, assume il nome di Adriano Meis va a vivere a Roma. Ma il senso dì liberazione dura poco. Perchè un uomo inventato, che non ha uno stato anagrafico, cioè il Meis, non riuscirà a ricostruirsi una vita. I problemi gli si presentano da tutte le parti: viene derubato e non può denunciare il furto; ama una ragazza e non può sposarla. Alla fine decide di suicidare Meis e ritornare alla vita passata. Ma anche questo glì sarà impossibile: infatti la moglie si è risposata e tutti si sono abituati all'idea della sua morte.
Sei personaggi in cerca di autore
Nel 1917  Pirandello cominciò a pensare a un romanzo intitolato “Sei personaggi in cerca d’autore”, sviluppato attraverso il lavoro di tre novelle, (Personaggi, La tragedia di un personaggio,Colloqui con i personaggi), fu solo dopo che si trasformò nell’idea di una commedia, messa in scena nel 1921. E’ questa opera teatrale che diede a Pirandello fama internazionale. Per la prima volta egli mostra sulla scena anche ciò che accade dietro le quinte, mentre si prepara la rappresentazione vera e propia. Il pubblico viene infatti coinvolto, anche perché non c’e il sipario. Anche se la vicenda dei sei personaggi ha dei tratti tipici del “dramma” romantico (abbandoni e gelosie coniugali, contrasti familiari, prostituzione ecc.) la sua trattazione appare del tutto diversa  dai modelli ottocenteschi. Ogni personaggio  racconta la sua versione dei fatti, e il dramma nasce proprio dallo scontro tra le varie versioni.
Uno, nessuno, centomila 
(1926). Pirandello  lo definisce il romanzo della scomposizione della personalità, egli dice la realtà siamo noi che la creiamo, mai fermarsi in una sola realtà: si finisce per morire. Vitangelo Moscarda entra ìn crisi il giorno in cuì sua moglie gli fa notare che il suo naso pende a destra, cosa di cui lui non si era mai accorto. Può constatare che l'uorno si crede «uno» ed è invece «centomila», le centomila immagini secondo cui gli altri lo vedono; ma questo equivale ad essere «nessuno». Vuole  dunque  scoprire le molte identità che gli altri gli hanno dato. Appreso di come  i suoi concittadini lo considerano, cerca di distruggere quell'immagine con atti clamorosi, distruggerà i suoi ruoli di amico, marito, ecc. Alla fine, rinuncerà a qualunque forma, immergendosi nel flusso della vita, senza memoria e senza aspettative, vivendo nell'attimo presente. 
È in stretto legame alla sua visione del mondo  la sua poetica: l'arte nuova rappresenta con altre forme il caos di una realtà frantumata,  che costituisce la vita moderna. Di qui la sua poetica dell'umorismo: l'umorista scava più in profondità dello scrittore comico e di quello tragico perché smaschera le menzogne delle convenzioni sociali.
L'«umorismo» è cioè «il sentimento del contrario»: la contemporanea presenza nello scrittore del critico e del poeta, che riproduce nell'opera i due volti della realtà, il comico e il tragico, il riso e il pianto.
Le caratteristiche principali dell’arte umoristica di Pirandello.
L'arte umoristica di Pirandello ama la discordanza, la disarmonia, la contraddizione, , predilige il difforme, il grottesco, l'incongruente, il ridicolo, il dissonante. Nella consapevolezza che la vita -non ha un ordine, un senso, un inizio o una fine -, anche Pirandello nelle sue opere umoristiche punta a strutture aperte e inconcluse. L'arte umoristica respinge le leggi della retorica classica per adeguarsi al movimento libero e spontaneo della riflessione,  Pirandello sceglie il linguaggio quotidiano, l'unico adatto a comunicare una concezione della vita che non rivela nulla di essenziale. La poetica umoristica rifiuta la concezione sia classica, sia romantica, l'arte umoristica non nasce dal rispetto di regole al momento dell'elaborazione (come pensavano i classici), né è espressione della passione o del sentimento o della natura (come ritenevano i romantici).
L'umorismo
Saggio, scritto in occasione di un concorso (1908), che riassume la poetica di Pirandello. Umorismo ed il sentimento del contrario nasce dal combinamento di due forze diverse ma complementari. Le due forze sono, il sentimento, che, crea le situazioni, e la ragione, che interviene e analizza scomponendo i suoi elementi costitutivi e rivelando meccanismi. Pirandello fa un esempio, con una vecchia signora, che si unge i capelli, si trucca goffamente e si agghinda come un ragazzino. La prima reazione nel vederla così conciata e quella di ridere, avvertendo il lato comico della situazione perchè la vecchia è il contrario di ciò che dovrebbe essere una donna seria della sua età. Questo è il momento comico del “sentimento del contrario”. Ma poi interviene la ragione che con la sua riflessione vuole rendersi conto del perchè di questo goffo comportamento e scoprire che questo modo di truccarsi è una forma di autoinganno, la vecchia ha paura della vecchiaia crede di nascondersi comportandosi in questo modo. Questo è il momento del “sentimento del contrario” nel quale al posto della comicità subbentra la pietà per il dramma penoso della povera donna. 

Tesina- storia- 2 guerra mondiale


STORIA
La Seconda guerra mondiale

Il 1 settembre 1939 inizia la Seconda guerra mondiale.
La Germania invade la Polonia ed in solo tre settimane la sconfigge. È una missione facile per il moderno esercito tedesco, corazzato e motorizzato, contro le truppe polacche lente, antiquariate, ancora legate all’intervento della cavalleria.
Grazie alla facile vittoria le truppe tedesche si spostano sul fronte occidentale. Qui, al riparo dalla fortificata e insuperabile linea Maginot, i Francesi attendono l’attacco.
Poi, nella primavera del 1940, Hitler attacca la Danimarca e la Norvegia. Calpestando la neutralità dell’Olanda, del Belgio e del Lussemburgo, aggira la Maginot, penetra in Francia e, vincendo la battaglia della Somme, il 14 giugno entra da conquistatore in Parigi.
Il 22 giugno 1940 la firma di un armistizio disegna la nuova geografia della Francia. La parte settentrionale atlantica è sotto il diretto dominio tedesco; la restante parte e le colonie dipendono dal governo del maresciallo Pétain.

La strategia vincente dei generali tedeschi è la guerra-lampo, condotta con forze corazzate e con quelle aeree.
La sconfitta della Francia lascia solo l’Inghilterra a combattere il Nazismo.
Nell’estate del 1940, quando Hitler fa la cosiddetta “operazione leone marino” (che prevede l’occupazione della britannia), l’Inghilterra è pronta a sostenere l’assalto tedesco. Dal luglio all’ottobre del ’40 l’aviazione tedesca, si fronteggia con quella inglese.
La battaglia aerea e i bombardamenti si susseguono giorno e notte. I danni alle città ed alle industrie sono gravi. Ma la vittoria non favorisce la Germania. Infatti l’impediscono la RAF, le industrie inglesi che producono velivoli in continuazione, l’uso dei radar che permettono di avvistare gli attacchi dei nemici in anticipo.

Dopo un anno di guerra, la Germania nazista subisce la prima sconfitta.
Intanto, il 19 settembre del 1939, l’Italia proclama la “non belligeranza”, cioè il non intervento in guerra. I motivi che costringono Mussolini di non intervenire sono tre: l’impreparazione dell’esercito italiano, l’insufficienza delle risorse industriali, il mancato rispetto di un accordo segreto.
Nella primavera del ‘40, però, il duce, vedendo la grande avanzata della Germania, decide di accelerare i tempi per non arrivare troppo tardi tra le nazioni vincitrici.
Così, il 10 giugno del 1940, da Venezia il Duce annuncia  la dichiarazione di guerra alla Francia e alla Gran Bretagna.
Le truppe italiane si addensano così nella zona della alpi francesi. Sono fornite di fucili; gli autocarri sono insufficienti per un rapido spostamento delle truppe. È preoccupante anche la situazione dell’aviazione che dispone di 1400 aerei, molto lenti antiquati e male armati. L’unico punto di forza delle armate italiane è costituita dalla marina, che dispone di buoni incrociatori e corazzate, ma è priva di portaerei.
“La guerra parallela” con la Germania è persa in partenza. Infatti, mentre le truppe tedesche sconfiggono  i francesi, quelle italiane non riescono a portare avanti l’offensiva. A guerra vinta dalla Germania gli Italiani conquistano  solo una piccola striscia di territorio francese.
Ancora peggio vanno le cose quando, nell’ottobre del 1940, Mussolini decide di conquistare la Grecia in modo da controbilanciare l’espansione nazista nei Balcani. Nel giro di un mese le truppe italiane vengono sconfitte in Albania a causa dell’impreparazione dell’esercito, del gelo e dell’intervento inglese.
Gli unici successi dell'Italia sono conseguiti in Africa, dove nel’40 le truppe italiane occupano la Somalia britannica, il Sudan e l’Egitto grazie anche all’intervento delle truppe naziste. Da tutto ciò si può dedurre che : l’Italia non è in grado di affrontare e condurre una guerra moderna.
Dopo aver stretto un’alleanza militare con la Bulgaria, nell’aprile del 1941 la Germania conquista anche la Jugoslavia e la Grecia.
Il 22 giugno del 1941 Hitler dà il via alla cosiddetta “operazione Barbarossa” con l’intento di invadere la Russia.
La guerra-lampo coglie di sorpresa Stalin e l’esercito russo. Così nel giro di tre mesi i Tedeschi avanzano fino ad accerchiare Leningrado a nord, e giungono nei pressi di Mosca. In poco tempo l’URSS perde l’Ucraina e la Crimea.
I Russi si difendono senza sosta e trovano un valido aiuto nella neve e ghiaccio paralizzano le armate tedesche. In questo modo l’esercito russo si organizza e respinge il pericolo di invasione.

Intanto, nei paesi occupati dai Tedeschi,  si costituiscono dei movimenti antinazisti ai quali è stato dato il nome di movimenti di resistenza. Di questi movimenti fanno parte i partigiani, formati da operai e contadini, intellettuali e studenti, uomini e donne che combattono quotidianamente, favoriscono la fuga verso i paesi liberi. Reti organizzative di Resistenza combattono in Jugoslavia, Francia, Grecia, Polonia e Russia.                
Il 1941 è l’anno in cui entrano in guerra il Giappone e gli USA. Il Giappone diventa ormai una delle massime potenze industriali nel mondo e inizia un’espansione imperialistica nell’Estremo Oriente ostacolata dagli Stati Uniti con ogni mezzo. Quando i Giapponesi iniziano a penetrare nei territori dell’Indocina, il presidente americano Roosevelt ordina di chiudere il canale di Panama  e decide di bloccare le forniture di materiale strategico al Giappone. Ostacolando in ogni modo il Giappone.
L’attacco del Giappone alla flotta americana spinge  gli USA a dichiaragli guerra.

La situazione della Germania continua a peggiorare. La mancata sconfitta dell’Inghilterra e dalla Russia produce difficoltà nel controllare un immenso territorio. Accanto alla Germania e al Giappone, si aggiunge un’Italia che aveva scarso peso militare.
Ora la situazione è a favore degli alleati. Infatti, gli Americani, riconquistano i territori occupati dai Giapponesi, nello stesso tempo le truppe inglesi travolgono i reparti italotedeschi in Africa settentrionale. Gli eserciti nazifascisti sono costretti a lasciare l’Africa.
Allo stesso tempo, in Russia, a Stalingrado l’armata tedesca è sconfitta e costretta ad arretrare. La Germania non è imbattibile. Ciò aiuta i paesi neutrali e i movimenti di resistenza.
Ma la situazione di guerra non era buona. La popolazione italiana vive male. Mancano i generi di prima necessità e molti prodotti sono razionati.. Ritorna il baratto. Fiorisce il mercato nero (la vendita clandestina).
Quando poi gli alleati angolo- americani sbarcano in Sicilia (9-10 luglio 1943) anche tra i militari si espande la sensazione di una sconfitta ormai inevitabile.
La notte del 25 luglio del 1943 il Gran Consiglio del Fascismo, vota la sfiducia a  Mussolini. La notizia della caduta del Fascismo provocauna grande gioia. L’Italia è tutta antifascista.
Il re convoca il duce e lo fa arrestare : così si conclude il ventennio fascista.
Prende il suo posto il maresciallo Pietro Badoglio. Questi scioglie immediatamente il Partito Nazionale Fascista, libera i detenuti politici ed abroga tutte le leggi razziali.
Ma il generale, che pure ha sciolto il Partito fascista, nei 45 giorni del suo governo non esita a usare l’esercito contro le sommosse popolari. Ancor più grave è l’atteggiamento del governo in politica estera; mentre i Tedeschi, inviano un gran numero di divisioni in Italia, Badoglio conduce per più di un mese un «doppio gioco» con i Tedeschi e con gli Alleati per ottenere una pace separata.
Le trattative segrete con gli Alleati portano alla firma dell’armistizio:  l’8 settembre 1943. Ora l’Italia è spaccata in due : al Sud gli Alleati, al Centro-Nord i Tedeschi. Dopo lo sbarco alleato Badoglio, il re ed altri generali, scappano a Brindisi.
I Tedeschi, adesso, sono un esercito arrabbiato perchè si sentono traditi, radono al suolo interi paesi, rubano o distruggono opere d’arte, deportano e violentano.
In questo momento di grande confusione un commando di tedeschi libera Mussolini dalla sua prigione e lo trasporta in Germania. Mussolini dichiara di voler continuare la guerra al fianco del vecchio alleato nazista e poi, proclama la Repubblica Sociale Italiana ( RSI ).
L’Italia è in confusione.

Dopo il 1943, nel Centro-Nord d’Italia operano delle formazioni di partigiani, cioè patrioti che conducono la guerra contro i Tedeschi e i fascisti. I partigiani sono costituiti da operai  e studenti, contadini  ed intellettuali, impiegati e professionisti.
Un ruolo fondamentale è svolto dalle formazioni partigiane della sinistra, quali le brigate «Garibaldi» comuniste e «Matteotti» socialiste.
Tutti i partiti che operano nella Resistenza formano degli organismi militari chiamati Comitati di Liberazione Nazionale (CLN) con sede centrale a Roma ed ad un CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) con sede a Milano.
I partigiani ostacolano i  Tedeschi. La Resistenza è l'unica guerra veramente sentita dagli Italiani.
Contro i partigiani, i Tedeschi e i fascisti della RSI condussero una spietata repressione condotta con violenza, come avvenne ad esempio alle Fosse ardeatine.
Intanto sul piano politico, il 13 ottobre 1943, l’Italia dichiara guerra alla Germania ed è riconosciuta come paese alleato con gli Alleati, che stanno  liberando il territorio italiano. Il 4 giugno 1944 è liberata Roma dopo aver bombardato Cassino.
Per circa un anno gli Alleati si scontrano con i Tedeschi.
Solo nella primavera del 1945 gli Alleati riescono a sfondare lo sbarramento tedesco e a liberare la Pianura Padana. Il 25 aprile 1945 l’Italia è libera.
Tre giorni dopo Mussolini viene catturato e fucilato dai partigiani mentre tentava di fuggire in Svizzera.
Il 6 giugno 1944 delle divisioni di soldati americani, inglesi e francesi, sbarcano in Normandia. In pochi mesi gli anglo-americani occupano la Francia settentrionale. Il seguito l’esercito francese entra a Parigi libera.
Nel frattempo sul fronte orientale i Sovietici continuano ad attaccare i Tedeschi.
L’Armata Rossa avanza nella Russia centrale, in Ucraina e in Crimea giungendo alle porte della Romania e della Polonia e provocando la caduta dei regimi filonazisti rumeni.
Mentre i Sovietici avanzano verso la Germania, nel 1944 gli anglo-americani vengono bloccati da un’inattesa controffensiva tedesca sulle Ardenne, da Hitler. Dopo  quest’ultimo tentativo tedesco, nella primavera del ‘45 gli Alleati sconfiggono le ultime resistenze tedesche.
Il 25 aprile 1945 gli anglo-americani e i sovietici si incontrano sul fiume Elba. Dopo pochi giorni, Hitler si suicida nel suo bunker. Il 7 maggio del ’45 la Germania si arrende senza condizioni agli Alleati. Il III Reich è cancellato.
A quel punto la guerra è finita.
Delle potenze del Tripartito resta solo il Giappone, che resiste tra le isole del pacifico e sembra intenzionato a non arrendersi.
Il nuovo presidente americano Harry Truman, d’accordo col ministro inglese Churchill, decide di accelerare i tempi utilizzando la un potente mezzo di distruzione.
Il 6 agosto 1945 un aereo americano  slancia una bomba atomica sulla città giapponese di Hiroshima. La bomba distrugge edifici, provoca 240 mila morti e 100 mila feriti. Tre giorni dopo,viene lanciata una seconda bomba atomica su Nagasaki. Di fronte alla tragedia provocata dagli ordigni nucleari, il Giappone si arrende. La resa è firmata il 2 settembre 1945.
Gli U. S. A. “giustificano” l’uso della bomba atomica con la necessità di porre fine al conflitto che, avrebbe provocato migliaia di morti. Probabilmente l’atto americano, però, intende anticipare la Russia che è sul punto di dichiarare guerra al Giappone e che avrebbe potuto estendere, così, la sua influenza sul Pacifico. Hiroshima e Nagasaki segnano dunque l’inizio non solo dell’era atomica, ma anche l’inizio della rivalità tra le due superpotenze.  

Nel 1945, i rappresentanti dell’URSS, degli USA e dell’Inghilterra, si incontrano a Crimea per decidere le sorti della Germania ed il futuro assetto dell’Europa.
La Germania è divisa in quattro zone d’occupazione, controllate dai Russi, dagli Inglesi, dagli Americani e dai Francesi; inoltre si decise che avrebbe dovuto pagare ingenti riparazioni di guerra. Infine fu deciso di sottoporre i principali criminali nazisti ad un processo internazionale.L’Italia perde tutte le sue colonie (Eritrea, Libia, Somalia, Etiopia), che diventano Stati indipendenti.

Tesina- storia- 1guerra mondiale

STORIA
La prima guerra mondiale
Le cause:
Le cause remote
Le case remote del conflitto sono state:
-Il contrasto Franco-germanico, per la sconfitta francese di Sedan e la cessione dell’Alsazia e della Lorena alla Germania.
-Il contrasto anglo-germanico, perché la corsa agli armamenti da parte della Germania e con la costituzione di una potente flotta, mise in pericolo la supremazia inglese sui mari.
-I fermenti nazionalistici nell’impero austro-ungarico, che cercavano l’indipendenza o il distacco dall’Impero austriaco.
-L’aggressiva politica della Russia nei Balcani, che voleva rinforzare il suo dominio in quella zona.
-La corsa agli armamenti effettuata da tutti gli Stati su pressione dei grandi industriali, che si arricchivano proprio con la vendita delle armi.
La grande guerra fu dunque un conflitto per l’egemonia in Europa tradotto quindi in nazionalismo e imperialismo.

La causa principale
La causa scatenante della guerra fu l’assassinio del futuro erede al trono austriaco, Francesco Ferdinando, ad opera di uno studente bosniaco, Gravilo Princip, a Sarajevo. L’Austria inviò alla Serbia un ultimatum, con il quale imponeva la partecipazione di funzionari austriaci alle indagini dell’attentato. La Serbia non accettò e l’Austria, il 28 luglio 1914, dichiarò guerra a essa.

Dichiarazioni di guerra e schieramenti:
Il conflitto in poco più di un mese, grazie alle alleanze, assunse vaste proporzioni. Infatti, dopo continue dichiarazioni di guerra, si formarono due schieramenti:
- da una parte Austria e Germania (Imperi Centrali), poi Bulgaria e Impero   turco;
- dall’altra prima Francia Inghilterra e Russia (Triplice Intesa) al fianco della Serbia, poi il Giappone e Stati Uniti, che trascinarono in guerra altri Paesi, con i quali formarono gli “Alleati”.
L’Italia si dichiarò neutrale fino al 24 maggio 1915 e dopo, con il Patto di Londra (26 aprile 1915) chiuse i rapporti con la Triplice Alleanza passò dalla parte dell’Intesa.

Le operazioni militari:
Le operazioni militari della Grande Guerra, possono essere divise in tre fasi:
- la prima, che va dal 1914 alla metà del 1915;
- la seconda, che va dalla metà del 1915 al 1917;
- la terza, che va dal1917 al 1918;

Prima fase
Sul fronte occidentale, la Germania attaccò con una manovra lampo la Francia, attraverso il territorio neutrale del Belgio, ma fu fermata sul Marna, a 40 km da Parigi. La guerra si trasformò da una guerra-lampo ad una guerra di trincea, o di posizione, dove i soldati erano costretti a vivere in spazi stretti, come le trincee.
Sul fronte orientale si registrò una prima penetrazione dei Russi in Prussia, ma fu arrestata dai tedeschi con la battaglia di Tannemberg e dei laghi Musuri, mentre l’Austria non riusciva ad avere ragione della Serbia.
L’iniziale neutralità dell’Italia venne motivata dal fatto che la Triplice Alleanza, di cui essa faceva parte, era un patto difensivo e quindi non la impegnava a intervenire al fianco degli Imperi centrali. Il motivo più consistente era però che gli interessi italiani nel Trentino, nella Venezia Giulia e nell’Adriatico erano in conflitto proprio con quelli austriaci. Subito nel territorio si scatenò un acceso dibattito politico tra neutralisti e interventisti. Ma mentre i neutralisti (liberali, giolittiani e cattolici) si mostrarono intolleranti alla guerra, gli interventisti invece, delusi ormai dall’esperienza giolittiana, erano convinti che l’ingresso in guerra dell’Italia avrebbe potuto rappresentare un occasione per rilanciare l’economia.
Favorevoli al conflitto erano il re Vittorio Emanuele III, il governo guidato da Antonio Calandra (succeduto a Giolitti) e il ministro degli esteri Sonnino. Essi ritenevano che la guerra potesse dare prestigio alla corona ma anche ordine ai conflitti sociali.
Il 26 Aprile 1915 Sonnino, strinse con l’Intesa un accordo segreto (patto di Londra) che impegnava l’Italia ad entrare in guerra nel giro di un mese in cambio di concessioni territoriali ( Trentino, Triolo meridionale, Trieste, Gorizia, Fiume ecc...). Il parlamento approvò infine l’intervento e il 24 maggio 1915 l’Italia dichiarò guerra all’Austria-Ungheria.

Seconda fase
Sul fronte italiano la guerra fu combattuta soprattutto in Friuli Venezia Giulia, in trincee scavate nella pietra, dove si svolsero una serie di combattimenti micidiali; ben quattro attacchi furono sferrati dalle truppe italiane, senza però ottenere alcun successo; i  soldati italiani furono sempre sotto il tiro degli Austriaci, appostati sulle Alpi e, quindi, più in alto e in posizione di vantaggio. Nel 1916 gli Austriaci lanciarono contro l’Italia una spedizione per punirli di aver sciolto la Triplice Alleanza e di essere passati dalla parte dell’Intesa, costringendo i soldati italini a ripiegare. Ma questi , radunate le forze, sferrarono una controffensiva che gli fece conquistare Gorizia.
Sul fronte occidentale continuò la guerra di trincea: si ricordano le battaglie di Ypres (in cui i tedeschi impegnarono per la prima volta il gas asfissiante), di Verdun e la controffensiva anglosassone sul fiume Somme. Ma dopo queste battaglie, i due blocchi restavano sostanzialmente in posizione di parità.
Sul fronte orientale si registrò una prima controffensiva austro-tedesca, poi una controffensiva russa, con gravi perdite che portarono ad una prima demoralizzazione dell’esercito russo. Infine una nuova controffensiva austro-tedesca ottenne successi in Bucovina e Galizia.
Intanto sui mari, la Germania, per forzare il blocco navale attuato dalla marina britannica, lanciava la guerra sottomarina (battaglia dello Jutland, 31 maggio 1916) attaccando con siluri le navi di qualsiasi nazionalità, militari e non, in rotta per la Gran Bretagna. Durante la guerra fu affondato il transatlantico Lusitania, che sarà in seguito, la causa dichiarata dell’entrata in guerra degli Stati Uniti.
In questo clima di guerra si ricostruirono i movimenti pacifisti. Per esempio si propose, nel Congresso di Zimmerwald (1915), una pace senza annessioni e senza indennità, cioè un ritorno alla situazione pre-bellica. Successivamente, il presidente americano Wilson fece appello ai belligeranti di giungere ad una pace senza vincitori né vinti, ma il suo appello non fu ascoltato; in seguito, il Papa Benedetto XV, inviò una nota ai governanti, affinché ponessero fine alla guerra.

Terza fase
Sul fronte orientale si registravano prima l’occupazione della Persia da parte dei Russi, poi l’avanzata inglese in Mesopotamia, dove occupavano Bagdad e sconfiggevano i turchi a Gaza; gli Arabi, sotto il comando del colonnello Lawrence d’Arabia, effettuavano azioni di sorpresa contro i turchi; in luglio un’offensiva tedesca in Galizia costrinse i Russi ad evacuare la regione e i Tedeschi conquistarono la città di Riga, la Lettonia e le isole del Baltico; in agosto truppe tedesche invasero la Moldavia, sconfissero i rumeni e li costrinsero a chiedere un armistizio.
Sul fronte occidentale, invece, un’offensiva alleata si concludeva con pesanti perdite per l’esercito francese che era sempre più demoralizzato; sul fronte italiano prima del ritiro della Russia dal conflitto, continuava la guerra di logoramento; la guerra sottomarina raggiungeva il suo culmine con perdite gravi da parte degli Alleati e degli Stati Uniti.
Ma il 1917 fu caratterizzato da due principali avvenimenti: l’entrata in guerra degli Stati Uniti e la Rivoluzione russa.

L’entrata in guerra degli Stati Uniti.
Gli Stati Uniti avevano dichiarato, nel 1914, la loro neutralità. Neutralità, però, solo apparente, perché in realtà essi rifornivano le potenze dell’Intesa di armi e viveri, tanto è vero che i Tedeschi avevano dichiarato la guerra sottomarina, per impedire che questa merce arrivasse a destinazione. Fu così che dopo l’affondamento del mercantile americano “Vigilantia”, gli Stati Uniti dichiararono guerra agli Imperi Centrali.
Alcuni storici, però, affermano che la vera causa dell’entrata in guerra degli Stati Uniti fu di natura economica: la conquista dei mercati europei da parte dell’economia americana.
Dal punto di vista bellico, infatti, l’entrata in guerra degli Stati Uniti fu relativa, perché i primi contingenti americani sbarcarono in Francia quando gli Imperi Centrali erano già in crisi. Ma dal punto di vista economico, l’aiuto americano fu fondamentale, perché permise all’Intesa di resistere agli attacchi degli Imperi Centrali.

La rivoluzione russa
L’altro avvenimento decisivo per la soluzione della guerra fu la Rivoluzione russa, che iniziata nel 1917, quando lo zar Nicola II fu costretto a cedere i suoi poteri ad un governo provvisorio. La Rivoluzione ebbe una nuova impennata nello stesso anno, quando i bolscevichi, capeggiati da Lenin, favorirono una nuova ondata rivoluzionaria, abbattendo il governo provvisorio e formarono un nuovo governo, denominato Consiglio dei Commissari del Popolo: era la vittoria dei comunisti e la trasformazione della Russia in U.R.S.S. (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche). Si ricorda che come primo atto, i bolscevichi negoziarono una pace, la pace di Brest-Litovsk, con la quale si ritiravano dal conflitto.
Mentre l’entrata in guerra degli Stati Uniti fu militarmente relativa, la Rivoluzione russa influenzò molto gli avvenimenti bellici. Infatti, in un primo momento, favorì gli Imperi Centrali, perché la Germania poteva utilizzare le truppe tolte al confine russo, per attaccare con più forza sul fronte occidentale e italiano.
Nonostante i Tedeschi sferrassero molti attacchi, gli Alleati costrinsero le truppe nemiche a ripiegare sulla linea di resistenza detta Sigfrido.
Sul fronte italiano, invece, le truppe austro-tedesche sfondarono la resistenza italiana sul fiume Isonzo, a Caporetto e dilagarono nel Veneto, fino al fiume Piave. Fortunatamente la linea di difesa formata sul Piave e sul Monte Grappa riuscì a resistere e a non indietreggiare ulteriormente, grazie alla sostituzione di Luigi Cadorna con Armando Diaz e grazie all’apporto della classe dell’99 .

La fine della guerra
La guerra non finì per una vittoria decisiva, ma per esaurimento di uno dei due blocchi, quello degli Imperi Centrali.
Infatti, nel1918, una crisi attraversa sia l’Impero tedesco sia l’Impero austriaco.
La crisi germanica fu dovuta al fatto che i “socialisti” non solo cessarono di sostenere la guerra, ma una parte di loro si staccò e diede origine al movimento degli Spartachisti, con lo scopo di instaurare una repubblica di tipo bolscevico. Infatti, quando Guglielmo II abdicò, fu instaurata una Repubblica moderata di tipo socialista, favorevole alla fine della guerra.
La crisi austriaca, invece fu dovuta all’aspirazione all’indipendenza di tutte le nazionalità che la componevano e che chiedevano la piena indipendenza.
In questi momenti di crisi delle potenze centrali, le truppe italiane ripresero l’offensiva, varcarono il Piave, sconfissero i nemici a Vittorio Veneto e conquistarono Trento e Trieste. Il 4 novembre la Germania e l’Austria firmavano con l’Italia l’armistizio di Villa Giusti. In seguito i tedeschi lanciarono un’ultima e disperata offensiva, ma sulla Marna furono fermati dai francesi.
Il successivo 8 agosto l’esercito Alleato inflisse la prima vera sconfitta all’esercito tedesco ad Amiens. Gli alleati dei tedeschi cominciarono lentamente a cedere, fino a quando la Germania chiese la fine delle ostilità, l’11 novembre 1918. La guerra si era conclusa.

La conferenza di Parigi
 Nel gennaio del 1919 si riunirono a Parigi tutti i plenipotenziari dei Paesi vincitori per discutere i criteri generali della pace.
In questa riunione furono tenuti presenti, gli obiettivi dell’Intesa: dominare in Europa e ridurre all’impotenza la Germania, in modo che non tentasse altre avventure sconvolgenti.
Si firmarono molti trattati e, alla fine, fu stabilito che:
-la Germania restituiva alla Francia l’Alsazia e la Lorena; cedeva alcuni territori per costituire la Polonia, la quale otteneva uno sbocco sul mare, mediante il corridoio polacco, una stretta striscia di terra che divideva la Prussica orientale dalla Germania, con il porto di Danzica che veniva dichiarata città libera sotto la protezione della Società delle Nazioni; inoltre la Germania doveva pagare un’ingente indennità di guerra ai Paesi dell’Intesa;
-l’Impero asburgico veniva diviso in tre Repubbliche: Austria, Ungheria e Cecoslovacchia e perdeva alcuni territori a vantaggio dell’Italia, della Polonia, della Romania e della Jugoslavia;
-l’impero turco veniva ridotto alla penisola dell’Anatolia e alla zona degli Stretti;
-la Croazia, la Slovenia, la Bosnia-Erzegovina si unirono alla Serbia e al Montenegro, per formare la Jugoslavia;
-per i territori sottratti in Asia all’Impero turco e alla Germania, il territorio veniva affidato provvisoriamente ad uno degli Stati vincitori, fino a quando i popoli non fossero stati in grado di autogovernarsi;
-alcuni Stati come la Polonia, la Cecoslovacchia, l’Austria, l’Ungheria erano stati creati perché facessero da “cuscinetto”, cioè da difesa contro la Russia comunista e la Germania responsabile della guerra, con l’obiettivo di isolarle.
Per volere del presidente americano Wilson, fu creata la Società delle Nazioni, un organismo internazionale che aveva il compito di regolare le controversie degli Stati Associati.

Conseguenze sociali ed economiche della guerra
Le conseguenze sociali ed economiche della guerra furono enormi.
Quando essa terminò si contarono milioni di morti e feriti. Ma, a guerra finita, poi, scoppiò un’epidemia di influenza, detta spagnola, che provocò quasi 13 milioni di vittime.
Molte famiglie erano rimaste senza giovani e capofamiglia, molti dei quali o erano morti o erano ritornati a casa inabili, rendendo ancora più gravoso il carico economico delle famiglie.
Durante la guerra, per far fronte alle enormi spese, le potenze dell’Intesa avevano dovuto chiedere continui prestiti agli Stati Uniti e, ora che la guerra era terminata, questi Stati si trovavano a dover pagare ingenti debiti.
Dal punto di vista politico, presero il sopravvento le forze di sinistra e le forze rivoluzionarie. Contemporaneamente, però, si formarono anche schieramenti di destra, che erano contrari alle rivoluzioni della sinistra e sostenevano i governi forti, la polizia, l’esercito e i ricchi industriali, generando un po’ dovunque forti conflitti di classe.